La morte della ferrovia avvenne un giorno imprecisato tra il 1975 e il 1978 dopo una lunga e lenta agonia. L'ordine era stato dato ufficialmente a causa dei continui sabotaggi ad opera dei guerriglieri, ma già da tempo si era capito che la fine era inevitabile.
La ferrovia rappresentava uno dei simboli forti dell'Eritrea e doveva quindi essere annullata, al pari delle altre grandi opere infrastrutturali costruite dagli italiani prima fra tutte la grandiosa Teleferica Massaua-Asmara già da tempo demolita.
Ad applicare con metodo questa teoria furono inizialmente gli Inglesi i quali si insediarono in Eritrea, dopo la sconfitta dell'esercito italiano nel 1941, come sedicenti "liberatori" e cominciarono ad utilizzare a piacimento i beni lasciati dagli italiani e ora di proprietà del popolo eritreo, prelevandoli come se si trovassero nei depositi di Sua Maestà nella madre patria.
Servirono rotaie per prolungare una linea in Sudan e a farne le spese fu la sfortunata tratta Agordat-Biscia che fu smantellata, prima impresa del lungo stillicidio di appropriazioni che avrebbero portato la consistenza del patrimonio ferroviario eritreo ad un notevole ridimensionamento.
Poi fu la volta delle locomotive a vapore 441, dal numero 28 al numero 32, caratterizzate dalla distribuzione Caprotti, che sparirono con destinazione sconosciuta mentre della 441-35 si sa solo che è stata vista in Libia dopo il 1945, e del suo destino, così come quello delle altre, non ci sono notizie certe.
Di tutto questo non c'è più nulla di scritto, gli archivi sono andati dispersi, non esistono documenti che testimonino con certezza che fine abbia fatto il materiale ferroviario che risulta essere stato destinato all'Eritrea durante tutto il periodo coloniale.
I ferrovieri italiani testimoni di allora sono oramai quasi tutti scomparsi e la amarezza degli ultimi anni passati in Africa, fino al rimpatrio avvenuto nei primi anni cinquanta, non li incoraggiò certamente a scrivere quelle memorie che ora ci sarebbero utili a capire tante cose.
Come già detto invece di eritrei che lavorarono allora nella ferrovia se ne trovano ancora e anche se hanno scarsissima dimestichezza con carta e penna, essendo abituati al diritto consuetudinario, ricordano a memoria fatti, episodi e persone risalenti ai primi anni della B.M.A. (British Military Administration).
Si tratta di persone molto anziane che parlano ancora un bell'italiano ma che piano piano stanno smarrendo quella capacità di collocare i ricordi secondo il giusto ordine temporale e con le quali bisogna avere la pazienza di ascoltare e registrarne i racconti anche se risulta difficilissimo avere risposte univoche a domande precise.
La consapevolezza dei dettagli nel tempo è svanita, ma piano piano, dopo giorni passati a chiacchierare durante la pausa per lo "Schai", riaffiorano in loro ricordi sepolti nella memoria e anche preziosissimi aneddoti della loro vita passata sui binari.
Gli anni trascorsi sotto la direzione della BMA furono per la ferrovia non solo anni di progressiva decadenza determinata dalle indebite appropriazioni e dalla mancanza di volontà da parte degli inglesi di considerare la Ferrovia come un bene appartenente all'Eritrea da conservare con tutte le necessarie cure, ma anche caratterizzati dal tragico fenomeno degli "Shifta" (fuorilegge che vivevano di razzie) che profittando della lenta velocità della ferrovia perpetravano i loro attacchi lungo la linea.
In quel periodo furono adottati vari metodi di difesa attiva e passiva per proteggere treni e viaggiatori, e nelle foto d'epoca che di tanto in tanto tornano fuori da qualche cassetto si possono vedere reti e protezioni sui tetti delle Littorine o addirittura convogli preceduti da un autoblindo su rotaia e protetti da militari inglesi armati.
Il 1952 segna per l'Eritrea un cambiamento epocale, gli Inglesi lasciano il paese che potrà proseguire la sua strada con una propria autonomia di bandiera, ma sotto "l'ala protettiva" dell'Etiopia, formula di compromesso fra indipendenza e annessione al gigante africano.
La ferrovia affronta questi cambiamenti, che entro pochi anni degenereranno con la forzata annessione dell'Eritrea all'Etiopia come sua 14° provincia, in uno stato crescente di precarietà.
Il personale italiano è quasi tutto rimpatriato e la ferrovia viene assimilata alle "Imperiali Ferrovie Etiopiche" le quali pensarono bene di demolire tutte le 441 a vapore saturo ritenendole di resa insufficiente riducendo ancora il numero delle macchine già precario a causa della vetustà e degli eventi bellici.
Gli ottimi rapporti che intercorrevano tra l'Imperatore Haile Sellasie e alcune grandi potenze economiche europee favorirono gli scambi commerciali con l'Etiopia e sembrò che anche la ferrovia ne potesse beneficiare, ma solo nel 1957 arrivarono due locomotori diesel della tedesca Krupp con personale tecnico al seguito per i corsi di aggiornamento ai Ferrovieri Eritrei.
Successivamente ne arrivarono altri due i quali, scaricati al porto di Massaua al pari dei precedenti, risalirono la ferrovia fino ad Asmara mai riscuotendo quel successo che ebbero le macchine italiane.
Nel 1967 poi arrivarono 40 carri, sempre della Krupp, che andarono ad integrare il parco rotabili preesistente di tipo più eterogeneo.
Nel 1974 l'Imperatore Haile Sellasie scompare in circostanze oscure e in Etiopia prende il potere il Derg comandato dal colonnello Mengistu Haile Mariam. Comincia per l'Eritrea il periodo più buio della sua esistenza che contribuisce a far maturare definitivamente nel paese l'esigenza prioritaria di rendersi in ogni modo indipendente.
La ferrovia è in agonia considerata nemica dalle opposte fazioni che la vedono come simbolo nazionale, da una parte, o pericolo strategico-militare dall'altra parte.
Assalti e sabotaggi causarono la chiusura progressiva di varie tratte che culminò con la chiusura definitiva di tutta linea, lo smantellamento dei binari e la riconversione delle strutture ferroviarie cedute ad altre amministrazioni statali per le più diverse necessità.
Solo i pastori e le grandi carovane di cammelli poterono trarre giovamento da tutto questo, utilizzando per i loro lunghi spostamenti lo splendido tracciato che si snodava fra i monti lontano da tutto e da tutti.